Tanti ritengono necessario acquistare soggetti allevati a mano per costruire un buon rapporto: falso! Vediamo come si addomestica un pappagallino! Partiamo con un presupposto: ogni pappagallo è diverso. A seconda della specie, dell’età, delle esperienze passate e del tempo che dedicate ad addomesticare un soggetto potrebbero volerci pochi giorni come un anno intero. Gli ingredienti fondamentali sono la dolcezza, il rispetto e la pazienza: quando siete nervosi evitate di approcciarli!


Step 1: accoglilo bene.

Addomesticare non vuol dire insegnare giochini buffi all’animale per intrattenere gli amici. Vuol dire metterlo nella condizione di poter vivere nell’ambiente domestico in sicurezza.
Acquista una bella gabbia spaziosa, con posatoi e intrattenimenti adeguati!
Potrebbe doverci passare molto tempo all’inizio, più è a suo agio nella gabbia più gli verrà naturale fidarsi di te.


 

Step 2: niente panico all’inizio.

I primissimi giorni un pappagallo selvatico è terrorizzato di default. Resterà come congelato su un posatoio, ci metterà ore anche solo per decidersi a mangiare qualcosa e ogni tuo movimento lo spaventerà. Non è colpa tua: dagli tempo per acclimatarsi alla nuova casa. Sistemalo in una stanza dove trascorri la maggior parte della giornata, limita i rumori improvvisi e gli spostamenti bruschi, parlagli con voce calma per farlo abituare alla tua presenza e alla tua voce.


Step 3: attenzioni e premi.

I primi giorni le operazioni di pulizia della gabbia e cambio di cibo e acqua lo spaventeranno: eseguile con lentezza, quando hai finito lasciagli un piccolo premio (un pezzo di spiga di panìco o un seme di girasole). Se soffia, becca o si mostra aggressivo non sgridarlo, non ritrarre la mano in fretta, non reagire in alcun modo: rischi di rafforzare l’aggressività. Fermati e cerca di capire cosa gli ha dato fastidio per evitare di rifarlo, non arrabbiarti con lui.
Prova a dargli dei premi anche attraverso le grate, con le dita. Se si mostra interessato e si avvicina lodalo sempre con un “bravo!”, altrimenti lascia comunque il premio a disposizione: deve associare la tua mano a un amico che ti regala cose buone senza volere niente in cambio.


 

Step 4: fuori dalla gabbia!

Sta alla vostra sensibilità decidere quando è arrivato il momento di farlo uscire. Suggerisco di non provarci per qualche settimana, almeno finché non si avvicina spontaneamente alla grata per prendere il premio dalle dita, per non ritrovarvi ad affrontare ardimentosi recuperi d’alta quota… Predisponete uno spazio adatto (ad esempio un trespolo) dove possa trovare rifugio. Non allarmatevi se svolazzando prende male le misure: deve imparare le dimensioni della stanza. Aprite a gabbia e lasciate che sia lui ad uscire, quando si sente, dopo aver messo la stanza in sicurezza e chiuso porte e finestre. Prendetevi la giornata libera: il rientro è sempre un’incognita. Evitate di offrirgli cibo fuori dalla gabbia  (a meno che non siano premi) perché sia spinto a rientrare a mangiare quando ha fame. Non lasciatelo fuori dalla gabbia da solo e approcciate con pazienza e delicatezza. Cercate di limitare le prime uscite a un tempo ridotto a 1/2 ore, per abituarlo al fatto che “si sta sia dentro che fuori”. Quando torna in gabbia premiatelo sempre: il rientro dev’essere un momento allegro e positivo in cui “si torna a casa”, non un “oh no, mi rinchiudono di nuovo!”


Step 5: amici per le piume!

Fuori dalla gabbia avrete finalmente la possibilità di diventare amici: utilizzando sempre il rinforzo positivo (premi e lodi) incoraggiatelo a salire su un posatoio tenuto da voi, avvicinandolo alla pancia e alle zampine. È il primo esercizio fondamentale e indispensabile per poterlo riportare in gabbia in caso di emergenza, e allontanarlo da situazioni di pericolo. Assimilato quello, il resto (salire su braccia e mani, venire al richiamo) sarà una strada in discesa! Il metodo è sempre lo stesso: ignorare i comportamenti negativi ed incoraggiare con un premio qualsiasi progresso anche minimo.


 

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